La cultura è una grande meta-invenzione che mette in moto l’inventiva e la creatività e che rende, in definitiva, sopportabile contro ogni logica e ragione la nostra vita mortale. Ma la cultura fa anche molto di più: riesce a trasformare l’orrore della morte in forza vitale e soprattutto, ci rende consapevoli.
Dalla cultura nasce ogni cosa, ogni manifestazione di creatività, ogni manufatto. Dalla cultura nasce la consapevolezza etica necessaria per saper governare o meno un paese o per gestire un’impresa utile per la comunità. La cultura rappresenta l’anima di un popolo e come tale è la sorgente primaria d’ogni manifestazione creativa, e quindi produttiva.
Ma cos’è “cultura”? Non è forse anche gesto, parola, linguaggio, il modo in cui facciamo il sugo, seduciamo una donna, inforchiamo la vespa o facciamo all’amore? Non è forse anche il modo in cui ci prendiamo cura del prossimo, dei nostri mari e della terra?
La cultura per un paese come l’Italia poi, inutile ricordarlo, ha valori ereditati talmente importanti, da risultare quasi ingombranti: fa quasi paura.
Il nostro patrimonio culturale è una tale meraviglia, unica al mondo, è talmente universale, alto, vasto, differenziato e caratterizzante che oltre ad essere una (potenziale) fonte di primaria redditività e sviluppo per il nostro paese e un valore per il quale l’intera galassia non può che ammirarci è, nonostante tutto, ancora oggi, un bene unico e universale di civiltà prezioso per l’intera umanità. Abbiamo avuto il privilegio di nascere in uno dei più bei paesi del mondo circondati da meraviglie indescrivibili e da armonia e siamo diventati, in mezzo a tutto questo, ciechi, sordi, insensibili, incapaci di comprenderne l’unicità’ e di difenderne la bellezza. Dal dopoguerra in poi abbiamo deturpato, distrutto, stuprato paesaggi, edifici e piazze, abbiamo costruito mostri, cementificato in modo sconsiderato, furbastro e criminale. Abbiamo ridotto aree di grande bellezza paesaggistica in discariche velenose, trasformato interi quartieri un tempo nobili e belli in fogne mefitiche, intere città un tempo non solo vivibili ma modelli universalmente ammirati e invidiati in lugubri prigioni. Abbiamo arraffato, razziato, impedito al talento di crescere e manifestarsi e al merito di venire premiato. Abbiamo creato condizioni di vita tali per cui i giovani di talento emigrano e quelli con meno talento o fortuna si rassegnano a una vita che francamente non vale più la pena di essere vissuta. In questo contesto di conclamata barbarie contemporanea, iperconnessa quanto ipersuperficiale, iperstupida e vuota, i pochi sopravvissuti che ancora credono in un futuro migliore, eroi che non si sa se compatire o ammirare, si trovano davanti a un compito immane: fermare lo scempio da una parte, semplificare e modificare una legislazione antiquata e kafkiana diventata oppressiva e soffocante per renderla più equa e stimolante, riacculturare ovvero ri-ci-vi-liz-zare un’intero popolo. Un compito immane, certo, per il quale serviranno generazioni di eroi illuminati e forse anche martiri e santi.
Mission impossible dunque?
(…)
Per quel che riguarda il nostro patrimonio culturale i nostri eroi avranno quindi un duplice compito: restaurare e conservare adeguatamente le meraviglie ereditate dai nostri antenati e promuoverne la fruibilità creando reddito da reinvestire in circolo virtuoso dall’altra.
Se nei settori del restauro e della conservazione siamo maestri, pur non disponendo mai di fondi adeguati, nella promozione e organizzazione museale, nella creazione e diffusione internazionale di mostre ed eventi culturali siamo carenti ed è qui che dobbiamo recuperare terreno rapidamente con creatività, serietà e impegno adeguati. I nostri direttori di musei sono stati umiliati in questi ultimi anni da una serie di direttive senza senso.
Dato che le attività culturali generano moltiplicatori di redditività maggiori a tutti gli altri settori esclusa la finanza, la riorganizzazione di questo settore con la creazione di un grande ministero della cultura che comprenda oltre ai beni culturali dello stato anche l’ambiente e il paesaggio dovrebbe essere una priorità per ogni governo serio. Solo così si potranno di nuovo attrarre investimenti e interesse dall’estero oltre che incrementare sul territorio un turismo sostenibile e di qualità recuperando il terreno perso in questo campo negli ultimi decenni. Tutto questo si traduce in numeri, posti di lavoro, reddito, economia e questo non solo a livello nazionale ma anche e soprattutto a livello locale.
La cultura quindi, non solo ci da da mangiare ma crea lavoro, reddito ed economia con moltiplicatori almeno doppi rispetto a quelli di grandi progetti strutturali (le famose “grandi opere”). Coloro che hanno banalmente e impropriamente definito i nostri beni culturali come il “petrolio dell’Italia” non hanno certo torto se non per il fatto che a differenza del petrolio, la cultura non inquina e non finisce mai, e quindi oltre ad essere un valore economico e ambientale superiore, lo è soprattutto perché rappresenta la nostra identità. Altro che petrolio!
Sarebbe ora che chi si accinge a occupare posti di comando al governo si renda finalmente conto che le politiche culturali nel nostro paese sono da decenni semplicemente vergognose, che in questo modo abbiamo perso terreno rispetto ai nostri concorrenti Europei, che pur avendo molto meno da offrire, ci hanno ampiamente superato in organizzazione e turismo. Gli investimenti culturali Italiani sono per lo più insignificanti e malfatti e questa cattiva politica va immediatamente corretta allineandoci almeno agli standard dei nostri vicini d’oltralpe e facendo possibilmente meglio.
E’ infatti possibile conciliare il rispetto, la cura e la tutela dei tesori d’arte con una gestione agile, accorta, lungimirante e redditizia di quello che sta affermandosi come il grande affare del terzo millennio. Spiega la UE (comunicazione 352/2010) che il turismo è la terza maggiore attività europea dopo i settori del commercio, della distribuzione e quello delle costruzioni. Il turismo mondiale è poi in enorme espansione, in particolar modo quello culturale. Questo nostro appello per una rivalutazione del ruolo della cultura in Italia, a livello nazionale e locale è per noi non solo determinante ma vitale. Sono però molti anni che questi nostri appelli finiscono nel vuoto; speriamo che almeno ora, davanti alle ennesime confuse elezioni politiche, questo serva quantomeno ad aprire gli occhi a chi avrà il compito non facile di guidare il paese verso lidi migliori.